È un principio giusto che chi sbaglia paga. E se, al rimedio per l’errore commesso, si aggiunge un’esperienza umana e formativa, la pena da scontare può essere più piacevole e il risultato finale inaspettato.
Dal 2006 Anffas Trentino si è resa disponibile per l’attività di utilità sociale, in accordo con il Ministero della Giustizia. Dall’ottobre 2010 poi, a questa intesa è stata aggiunta una convenzione con il Tribunale di Trento per i lavori di pubblica utilità, cioè quelli sostituivi delle pene comminate per violazioni della norma sulla guida in stato di ubriachezza e sotto effetto di sostanze stupefacenti. Dopo qualche difficoltà organizzativa iniziale dovuta alle novità della norma che andavano messe a regime, da allora sono state tante le persone che hanno trascorso un periodo di tempo presso le strutture dell’ente a Trento, Tione e Borgo; periodo che può variare a seconda della pena e che va da un minimo di 20 ore ad un massimo di 6 mesi. Ad oggi sono 16 coloro che hanno concluso il loro percorso, 9 che attualmente lo stanno facendo mentre 16 sono le pratiche nuove già aperte. La maggior parte di loro ha tra i 30 e i 40 anni. Ma per capire meglio in consiste il loro impegno, abbiamo parlato con Mauro Fedrizzi, direttore dei servizi.
Queste persone sono dei volontari che vengono affiancati dai nostri educatori nel caso delle comunità residenziali, o dai gruppi di volontari che ci sono nel centro durante la settimana, e fanno attività di accompagnamento degli ospiti in servizi ludico- ricreativi, fanno affiancamento per piccoli lavori e attività interne. Il nostro vantaggio è che avendo servizi in più parti della Provincia è più facile dare una risposta alle richieste. Finora non abbiamo mai avuto problemi di nessun genere, anzi alcune persone che hanno svolto attività presso il nostro ente, hanno poi deciso di proseguire anche dopo il periodo della pena.
In che modo chi commette questo tipo di reato arriva ad Anffas Trentino?
Esiste un elenco degli enti redatto dal Tribunale messo a disposizione degli avvocati. Quindi è il legale che telefona direttamente al centro oppure, su consiglio dell’avvocato, è la persona che decide dove trascorrere il periodo di pena. Una volta giunta da noi, facciamo un colloquio per conoscere le motivazioni della persona, capire cosa sa di Anffas, sapere se ha già fatto esperienze in questo ambito, trovare delle competenze che possano essere spese con i nostri ospiti. Se l’esito di questo incontro è positivo, si apre una pratica che prevede più step. C’è una prima disponibilità da parte nostra che l’avvocato presenta in Tribunale, il giudice determina con una sentenza quale sarà la pena. In seguito si prepara un programma e al termine del percorso ci sarà una relazione finale che sarà portata in sede giudiziaria per la sentenza definitiva per quanto riguarda la persona che è stata da noi.
Siete soddisfatti di com’è andata finora?
Partiamo dal presupposto che è comunque un peso aggiunto ma anche un valore aggiunto per noi.
È un peso nel senso che è un lavoro che si deve fare e non è sicuramente economico per l’azienda. Una pratica implica infatti contatti, tempo, carte, un’assicurazione predisposta da noi per queste persone e a noi non è riconosciuto niente in termini di danaro. C’è poi il nostro responsabile per il volontariato che segue queste attività, abbiamo poi un sistema di rilevazione delle presenze che va computerizzato, per cui da questo punto di vista è un onere in più. Dall’altro lato è un valore aggiunto perchè, come ho già detto, ci sono state poi persone che hanno deciso di fermarsi e continuare in questo impegno. Inoltre alla base di questa scelta per Anffas c’è il fatto che un’azienda come la nostra, per la mission che ha, sente anche come un dovere il mettersi a disposizione in questo modo, per dare delle risposte sociali anche ad altre problematiche. C’è poi da dire che questa è un’occasione per diffondere una cultura della disabilità. Tante delle persone che vengono da noi non hanno mai visto un disabile e il fatto stesso che vengono a contatto con questo mondo, le sue necessità e con questa organizzazione è un momento anche di crescita loro personale, per fermarsi a riflettere che la vita è anche questo. C’è poi anche un discorso di utilità in quanto il volontario è una persona in più che è presente nella nostra struttura in determinate ore e quindi si possono organizzare anche delle attività in più. Ad esempio nelle comunità residenziali dove ci sono due educatori con sei o sette ospiti, se capita che uno di loro si ammala, un operatore deve rimanere con lui e gli altri non possono uscire perchè una persona non può stare da sola con gli ospiti. Se invece c’è il volontario, l’educatore esce con lui e quella uscita la si può fare.
Il bilancio quindi è senza dubbio positivo.
Ma l’impegno di Anffas non termina qui. E’ stato infatti stipulato anche un accordo con le scuole del territorio provinciale perché questi lavori cosiddetti “socialmente utili” coinvolgano i ragazzi più giovani in un’attività di volontariato sostitutivo dei provvedimenti disciplinari. La classica nota sul registro, si trasforma così in un periodo di servizio presso le strutture dell’ente.
Un buon modo per combattere il bullismo.